Social e paywall in crisi? Torniamo alla Hompage

Social e paywall in crisi? Torniamo alla Hompage

Social in crisi? Di certo si stanno trasformando. Il paywall non funziona? Probabilmente non è la soluzione per tutti. Nelle ultime settimane due notizie che riguardano la capacità di sopravvivenza dei brand giornalistici hanno tenuto banco in articoli e newsletter sui media.

La prima notizia è la fine di Buzzfeed News che ha colpito molti perché la sezione di Buzzfeed dedicata al giornalismo di qualità, che ha vinto il premio Pulitzer nel 2021, non è sopravvissuta ai capricci di Facebook. La seconda notizia è, invece, la rinuncia del Time al paywall. Alla base di entrambe le vicende c’è che i rispettivi siti stanno perdendo traffico e ognuno agisce secondo le condizioni in cui si trova.

Social in crisi? Addio Buzzfeed News

Sulla vicenda di Buzzfeed News hanno scritto in molti perché sancisce la fine del sostegno dei social alla diffusione delle notizie e di conseguenza alla loro capacità attrattiva nei confronti della pubblicità. Bazzfeed News aveva puntato tutto sulla viralità ottenuta da Facebook, ma dopo sette anni vissuti su questo modello, il sistema è crollato su sé stesso. E con esso tutta una redazione alla quale è stata riconosciuta la capacità di fare dell’ottimo giornalismo digitale. Aver puntato tutto sul sistema della condivisione gestito, però, dagli algoritmi e dagli “umori” di Meta senza diversificare ha portato all’incapacità di sostenersi. E se per alcuni analisti il futuro è nel paywall per superare la crisi, c’è da chiedersi perché il Time abbia deciso di toglierlo.

E il Time toglie il paywall

Il prologo di Charlie, la newsletter domenicale del Post dedicato al futuro dei giornali, è dedicato alla dichiarazione della CEO di Time, Jessica Sibley, al sito di news Axios tradotta anche da la Repubblica. Il Time, che da qualche anno ha puntato sul paywall, ora decide di toglierlo. E il motivo principale è che riduce la visibilità dei contenuti di qualità che dovrebbe sostenere. L’obiettivo è, quindi, rendere visibili i contenuti perché gli utenti possano rendersi conto di quanto siano fatti bene, aumentando così il traffico. La scelta di tornare “indietro” dovrebbe attrarre gli inserzionisti e anche i lettori paganti.

Mentre la storia dei social che non sostengono più la viralità dei link, sia perché gli algoritmi cambiano sia perché puntano ai video che trattengono l’utente, l’avevamo già capita, quella del paywall potrebbe deludere molti giornali che hanno puntato proprio sul di lui per sostenersi. Ma il Time non è l’unico ad aver deciso di toglierlo, come riporta la Repubblica, lo hanno fatto anche il sito economico Quarts e Spotify per alcuni podcast. Il Time punta sulla reputazione costruita in passato, anche se oggi è meno solida, sui video e sugli eventi sponsorizzati per attrarre gli investitori. Rendendo di nuovo disponibili a tutti i propri contenuti, spera in un aumento dei lettori.

Il ritorno della homepage

L’industria dell’informazione continua a cercare il suo modello, rassegnata al fatto che non ne esista uno solo: è dosare il mix la parte più difficile. D’altronde il modello basato sul traffico si è ridotto anche per i cambiamenti di Google e perché la notizia stessa si è spostata nella forma del post social. È possibile che dopo la pandemia ci sia tantissima voglia di contatto reale, e gli eventi sponsorizzati possano essere un buon pilastro, finché – chissà quando – non subiranno una contrazione. E intanto qualcuno come Semafor intravede una controtendenza, anzi, un ritorno al futuro con le homepage dei siti che tornano protagoniste. E dove le newsletter da seguire sono scelte con grande cura, e torna al centro il lettore/utente che va a cercare quello che vuole sapere, leggere o vedere. Il video piace alla pubblicità, ma l’articolo non è morto. Di fronte alla crisi dei social e del paywall, torna sotto i riflettori l’hompage. Si torna in indietro per continuare ad andare avanti, sperando che la crisi dell’editoria nella continua trasformazione, prima o poi cominci a riassorbirsi (almeno un po’).

Fiducia, non attezione dobbiamo costruire con chi ci sceglie

Foto di Debby Hudson su Unsplash

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