Quando vai al Centro ippico Il Grillo ti consiglio di scegliere il momento dell’alba o del tramonto. All’alba, soprattutto d’inverno, la nebbia avvolge i paddock e i terreni fino al bosco regalando al paesaggio un filtro da “campagna del nord”. Al tramonto, invece, e in particolare d’estate, i colori del cielo sembrano infuocarsi. E non è un modo di dire. Si rimane ammutoliti di fronte ai colori del cielo, mentre le montagne fanno da sfondo ai cavalli riparati nelle capannine.
Il Centro ippico Il Grillo nella provincia di Como è un’istituzione: è conosciuto per la scuola di monta americana, per l’allevamento di Quarter horse e per le passeggiate a cavallo da fare immersi nei boschi della zona. Me lo avevano consigliato in tanti quando mi sono trasferita sul lago e cercavo una nuova casa per Safe.
La sua storia è lunga di secoli e racconta di una tradizione di famiglia che ha avuto la lungimiranza di trasformare nel tempo la propria vocazione per continuare a tramandarsi di generazione in generazione.
Io che non resisto al fascino delle storie, me la sono fatta raccontare dal capofamiglia, Silvio Maspero, istruttore federale, allevatore, campione e l’uomo che oggi rappresenta l’anello di congiunzione tra passato e presente. Mentre il futuro del Grillo si sta appena affacciando negli occhi di una bimba di quattro anni.
Quello che segue è il racconto che nasce dalle sue parole.
Dal sogno del nonno all’amore per i Quarter horse
«Questo posto era noto già nell’800. Le origini potrebbero risalire ad un avamposto del Barbarossa, poi ampliato negli anni. La sua vocazione è sempre stata quella di una terra agricola. Nel 1917, quando ne ha avuto la possibilità, mio nonno ha deciso di comprarlo, probabilmente lo avevo nel cuore da sempre. Allora era un fondo di circa 40 ettari che veniva ripartito come coltivazione da oltre venti famiglie. Mediamente avevano tutti due o tre vacche, pollame, animali da cortile, maiale. L’estensione è rimasta la stessa, non abbiamo venduto nulla, anzi, abbiamo acquisito qualche terreno limitrofo.
Nel periodo estivo i contadini lavoravano la terra, accantonavano fieno, mais, barbabietola da zucchero che serviva per l’alimentazione del bestiame. D’inverno producevano vino, si dedicavano all’allevamento del baco da seta e alle piante di gelso per alimentarlo. C’era anche una buona produzione di chiodi, una tradizione della zona del canturino. Nel corso degli anni le campagne si sono spopolate ed è intervenuta la meccanizzazione agricola.
Con il tempo anche la nostra visione è cambiata. Qui c’è sempre stata una piccola trattoria che si chiamava “Trattoria del cacciatore”, dove venivano i cacciatori, appunto, i contadini e gli abitanti della zona. Si beveva del vino e si mangiava del salame, come spesso facciamo ancora oggi con i clienti e gli amici del maneggio. Negli anni il ristorante era diventato rinomato nella zona. Il nome, Il Grillo, nasce proprio in relazione a quel ristorante. Fu mia mamma a sceglierlo perché c’erano tantissimi grilli. Oggi se ne sentono pochissimi, ma una volta era una vera e propria musica notturna. Dopo aver cambiato il nome, il ristorante è divenuto un punto di riferimento e Il Grillo si è esteso. Negli anni 60 si è aggiunto il circolo del tennis.
La tradizione equestre del Grillo
Mio padre era un colonnello dei Granatieri di Sardegna ed era un grande appassionato di equitazione. Negli anni 50 ha fondato uno dei primi centri ippici della zona, affidando la scuola a istruttori ex militari. Dai sei ai 18 anni ho seguito quindi un’impostazione militare dell’equitazione. Non so quanto mi sia servita, ma loro mi hanno veramente insegnato la tecnica equestre corretta. Lo sviluppo della scuderia era in parallelo con quello dell’attività agricola. Ai tempi le scuderie erano tutte nella parte più antica della cascina, perché c’erano anche un centinaio di bovini da latte. Un’attività che tutto sommato funzionava, ma i tempi si evolvono così abbiamo deciso di dismettere questo allevamento. Inoltre, eravamo consapevoli che mais e frumento sono culture marginali qui sulle colline pedemontane con la concorrenza di culture come quelle nella zona di Cremona o Mantova. Questo è il motivo per cui tutta l’agricoltura della nostra zona si è evoluta verso una costruzione di servizi. Così sono nati gli agriturismi o aziende che fanno trasformazione del prodotto, vendita di formaggi, carni, attività ricettiva.
Avendo noi il know how nel mondo equestre e la passione per cavalli abbiamo scelto di sviluppare questa attività. In Patrizia, mia moglie, ho poi trovato una persona che ha inserito cinque marce in più, perché se la mia passione è cento la sua è cento all’ennesima potenza.
La nascita del centro di monta western
Negli anni ’80 Patrizia e io abbiamo iniziato a gestire la scuderia. Noi seguivamo la scuola di equitazione mentre mio padre aveva scelto di gestire solo alcuni suoi clienti. Il salto importante è avvenuto quando abbiamo deciso di capire meglio come funzionasse l’equitazione americana. Abbiamo quindi guardato oltreoceano, e abbiamo iniziato a portare qui i primi Quarter horse. Avevo un amico che ne aveva importato uno e quando l’ho provato, io che mi considero con una discreta preparazione equestre, ho pensato: “non ci capisco niente”. Da lì lo stimolo e la molla per approfondire ed è iniziato un nuovo capitolo di studio, di sviluppo di tecnica e gradualmente ci siamo convertiti a quel tipo di equitazione in termini di allevamento e di scuola. Io e Patrizia siamo stati più volte negli Stati Uniti, abbiamo avuto modo di conoscere persone davvero uniche in questo ambito, che mi hanno dato tantissimo anche sotto l’aspetto mentale, spirituale, nel percepire certe sensazioni che solo una persona che ha interiorizzato molto un certo tipo di lavoro e cultura equestre ti può dare. Ho cercato di riportare tutti questi elementi a casa.
Nell’organizzazione dell’attività ci siamo divisi le competenze, io mi sono dedicato di più all’aspetto tecnico dell’insegnamento e Patrizia all’allevamento. I cavalli che abbiamo allevato e abbiamo preparato ci hanno permesso di avere anche bellissimi risultati in termini agonistici. Nel 1998 avevo già vinto 13 campionati italiani e due titoli europei. Nostra figlia è cresciuta in questo ambiente e anche lei si è appassionata sia all’agonismo che all’insegnamento. In più ha avuto la fortuna di trascorrere molti anni all’estero grazie agli amici che abbiamo conosciuto negli Stati Uniti: ha avuto l’opportunità di passare mesi accanto a campioni che avevano nel palmares qualche titolo mondiale nel Barrel racing e Pole bending.
Abbiamo aperto gli orizzonti grazie allo scambio con gli Stati Uniti che ci ha permesso di conoscere campioni e allevatori che nutrono profonda stima per chi è considerato un uomo di cavalli. E questa è una cosa che mi resta nel cuore: un giorno Bob Hess, una delle persone più grandi del settore che io abbia mai conosciuto, mi disse: “You are really a horseman”. Per loro è un complimento incredibile, e lui l’ha detto proprio vedendo come io mi approcciavo ai cavalli. Per me è stata una gratificazione importante.
In zona siamo uno dei centri più grandi e quasi tutti gli altri centri che sono sorti vicino sono stati creati da persone che abbiamo cresciuto noi come cavalieri, soprattutto nell’equitazione americana. Questa è una soddisfazione perché hai la percezione di aver trasmesso passione ed entusiasmo. Il primo ruolo dell’istruttore è motivare l’allievo e dargli quella voglia di fare. Credo che tutte le persone che operano bene nel nostro settore non siano concorrenti ma risorse, perché indirizzano persone nuove al nostro sport e li supportano nell’alimentare la loro passione. La mia fortuna è stata anche che nel 2000 la Federazione mi ha chiesto di occuparmi della formazione istruttori e ho avuto modo di relazionarmi con istruttori di grande livello come Mario Sbrana, coach della nostra nazionale di reining che ha vinto i mondiali. Siamo stati i primi oltre gli Stati Uniti a vincere il titolo massimo. Il lavoro di formazione è bello perché entri in contatto con tante persone alle quali trasmetti non solo le conoscenze, ma anche la voglia di ampliarle. Quando valuto un istruttore considero anche che lui abbia la curiosità e la voglia di crescere oltre alla parte tecnica.
Negli ultimi anni abbiamo dedicato tutto allo sviluppo di una cultura che pone i cavalli al centro. Anche gli alimenti dei cavalli si sono evoluti nel tempo e oggi lavoriamo sulle giuste miscele per il fieno, ad esempio, e sulla qualità dei foraggi ecc. La struttura è stata ampliata per ospitare in maniera adeguata circa 90 cavalli, abbiamo aggiunto campi aperti e campi coperti. Per quanto riguarda l’allevamento cerchiamo di fare due o tre puledri all’anno focalizzandoci su una selezione e una genetica importante. Poi naturalmente abbiamo anche i cavalli più anziani, che vogliamo stiano bene fino al loro ultimo giorno. Circa quindici anni fa, abbiamo messo a disposizione questo posto per i ragazzi che hanno necessità di fare ippoterapia. Qui oggi opera l’associazione AERE, che ha realizzato la sua struttura ed è nostra ospite finché ne avrà bisogno. Ci teniamo che questa attività continui perché il sorriso di questi ragazzi ha un valore inestimabile.
Sul fronte agonistico abbiamo avuto molte soddisfazioni dedicandoci alle disciplina del Barrel racing e Pole banding, abbiamo fatto gare di Team penning, di Endurance, e gare di un Quarto di miglio, una parentesi che in Italia è durata 5 o 6 anni, in cui abbiamo avuto la fortuna di avere forse il miglior cavallo del mondo.
Frill’s n Chills dal Texas alla vittoria in Italia
Si chiamava Frill’s n Chills, aveva due anni e mezzo quando l’abbiamo presa in Texas. Ha corso nelle gare di un quarto di miglio, una gara sui 402 metri che utilizza i Quarter horse, i cavalli più veloci al mondo su quella distanza.
Negli Stati Uniti è una disciplina seguitissima. Quando abbiamo visto questa cavalla ci siamo innamorati subito tanto era bella. Chi ce l’ha venduta ha detto: “Per noi è una fuoriclasse”. Poco dopo averla portata in Italia, ha fatto la sua prima gara a Rimini, il Gran premio del mare. Io vedevo tutti gli altri Quarter horse muscolosi, mentre lei aveva una struttura leggera. Vederla correre quella prima volta in riva al mare è stata un’esperienza fantastica. Era arrivata dagli Stati Uniti tre settimane prima, il fantino la conosceva poco. Quando hanno aperto le gabbie e sono usciti tutti i cavalli, lei sembrava che non toccasse terra, galleggiava sulla sabbia, tanto si allungava. È difficile da credersi, ma in quella gara avrà dato cinque lunghezze agli altri: è stata una corsa impressionante.
Il primo anno su 8 gare ha ottenuto 8 primi posti. In sei anni è stata battuta una sola volta. Abbiamo corso a Varese, a San Siro, a San Rossore, alle Capannelle, in tutti gli ippodromi più importanti. Io l’allenavo e poi in gara la montavano i fantini. Durante questi anni ho conosciuto tantissimi personaggi famosi nel ramo delle corse come Aceto, per esempio, il noto fantino che corre il Palio di Siena: era venuto a Firenze a guardare i Quarter per capire se erano utilizzabili per il Palio.
Credo che il Grillo sia un posto bellissimo per far crescere i tuoi figli, il bello di far gare è anche che in famiglia io, mia moglie, mia figlia e Fabio, suo marito, riusciamo a vivere le stesse esperienze. Condividiamo emozioni simili. Io e Elisa abbiamo gareggiato assieme una finale dei campionati del mondo, io avevo vinto la categoria Senior lei quella di Barrel Open e i primi qualificati di ogni divisione andavano in America a fare i mondiali. Beh, quella esperienza l’abbiamo fatta insieme. E abbiamo corso io e lei i mondiali in America. Sono cose che tieni nel cuore per sempre».
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